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N° 6

I QUADERNI DI MATERIAS


BIG DATA E REPURPOSING:

le chiavi di volta della nuova ricerca farmaceutica

di Marcello Allegretti

Chief Chief Scientific Officer Dompé farmaceutici SpA

03 - 2022

ISBN: 9788899620127


Prefazione

di Luigi Nicolais, Presidente di Materias

Oggi l’universo digitale contiene tanti bit quante sono le stelle dell’universo.

Negli ultimi anni la globalizzazione degli scambi di informazioni di tutto il mondo è incrementata a livello esponenziale generando un enorme mole di dati digitali: i Big Data. Una parola, Big Data coniata nel 1997 dagli scienziati della NASA che non riuscivano a memorizzare, gestire e analizzare un set di dati molto grandi caratterizzati dalle 4 ‘V’: Volume, Velocità, Varietà, Veridicità.

Nell’era della transizione digitale, i Big Data rappresentano un fenomeno culturale, tecnologico e scientifico che vede tra i suoi protagonisti la medicina per fenomeni rilevanti come la reportistica digitale, la digitalizzazione della diagnostica per immagini, l’incremento delle biotecnologie utilizzate nell’ambito delle cosiddette scienze “omiche” e lo sviluppo dell’Internet of Medical Things (IoMT).

Un nuovo paradigma di una scienza che “simula il ragionamento umano”, l’intelligenza artificiale che attraverso le tecniche di machine learning è in grado di imparare dai dati, generando modelli predittivi, diventando uno strumento prezioso, sempre più utile per il sistema sanitario, la cui complessità oggi integra la capacità della mente umana.

Le organizzazioni sanitarie hanno oggi database di considerevoli dimensioni, di tipo biologico, clinico, epidemiologico ed amministrativo. La risultante della sinergia tra l’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale conduce un medico eccellente, dotato di rigorosi strumenti predittivi veloci e di guida nelle scelte, verso una vera “cura per il paziente”, con il fine di analizzare ed interpretare i dati disponibili per formulare ipotesi ed ottenere risposte utili per una diagnosi precoce ed un trattamento migliore e “sartoriale”.

Come introdotto dallo scienziato Leroy Hood, si tratta di una nuova era che si rivolge alla gestione olistica del benessere degli individui, e si basa sulle 4P: prevenzione, predizione, personalizzazione e partecipazione, una rivoluzionaria architettura clinica basata su una visione d’insieme.

Da un punto di vista sociale la conseguenza disruptive è l’immensa e senza precedenti disponibilità qualitativa e quantitativa di dati sulla salute, derivata dall’uso cosciente, strategico ed efficiente di questi processi e modelli. La capacità dell’uomo è quella di tradurre queste informazioni in conoscenza verso una Medicina 4.0., caratterizzata dalla fusione di competenze integrate e multidisciplinari e da tecnologie digitali, deeptech, fisiche e biologiche capaci di generare un impatto su tutte le discipline economiche e industriali e di sfidare l’idea comune di che cosa significhi essere umani.

Un altro aspetto fondamentale in ambito di ricerca e innovazione è legato, ad esempio, alla scoperta di nuovi farmaci. Spesso accade che queste conoscenze non si trasformino in nuove terapie, a causa dei limiti che tuttora gravano sulla ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci in termini di tempi lunghi e costi elevati. Basti pensare che solo il 10% dei composti che entrano nella fase 1 di sviluppo clinico arriva alla fase successiva e il tasso di fallimento nelle fasi 2 e 3 è intorno al 50%, invariato da oltre decenni. Metà dei fallimenti è dovuta ad esempio, alla difficoltà di selezionare il giusto target per la malattia in fase 1.

La necessità di superare le criticità nello sviluppo di nuove terapie è resa ancor più evidente alla luce dei dati di fabbisogno di salute globale, con la fascia di popolazione mondiale over 60 stimata a raggiungere il 25% della popolazione entro il 2050 e della carenza di molecole approvate per il 95% delle oltre 7000 malattie rare conosciute.

Per superare questi limiti, molte compagnie farmaceutiche stanno esplorando e applicando l’intelligenza artificiale. Un razionale è rappresentato dalla possibilità oggi di accedere a molti più dati eterogenei, strutturati e non strutturati, pubblici e privati, che derivano da fonti diverse quali high throughput screening, sequenziamento genomico, spettrometria di massa, trascrittomica, studi, sperimentazioni cliniche, social network e database sanitari.

L’intelligenza artificiale applicata alla ricerca e allo sviluppo del farmaco, integrata con gli strumenti di machine learning e data mining, consente operazioni basate sul reasoning, knowledge, planning, communication e sulla perception. Una delle aree di maggior studio, è il repurposing, ovvero il riposizionamento di farmaci già sviluppati verso nuove indicazioni terapeutiche e, più in generale, il riuso dei dati e delle informazioni di diversa natura per identificare nuove opportunità di applicazione.

Per discutere di questa interessante evoluzione che rappresenta la chiave di volta della nuova ricerca farmaceutica, abbiamo invitato Marcello Allegretti, Chief Scientific Officer, alla guida delle attività di ricerca e sviluppo di Dompé farmaceutici SpA.

1. BIG DATA E REPURPOSING: le chiavi di volta della nuova ricerca farmaceutica

Quasi la metà delle malattie esistenti oggi nel mondo potrebbe trovare risposte più efficaci con nuovi trattamenti, vaccini, terapie interventistiche e con la diagnostica. L’indicazione arriva dal rapporto conclusivo presentato, lo scorso ottobre, al G20 di Roma dalla task force per la Salute e sulle scienze della vita del B20, uno dei principali engagement groups che rappresentano la società civile di fronte ai 20 grandi della Terra. Si tratta di un’indicazione importantissima sulla forza che oggi ha la ricerca e che riflette sicuramente anche una nuova percezione del ruolo dell’industria farmaceutica dopo oltre due anni dominati dalla pandemia di Covid-19.

Non entro nel merito delle raccomandazioni rivolte ai sistemi sanitari con le quali il B20 ha voluto fornire indicazioni per favorire l’efficienza e l’efficacia delle politiche nazionali. Come ricercatore, credo invece che il documento offra spunti importanti e di estrema attualità per capire quali siano i nuovi paradigmi all’interno dei quali si muove l’attuale sistema della ricerca e che sono alla base di quella stima.

È chiaro che tutto il lavoro scientifico è stato fortemente impattato dai nuovi modelli che si sono affermati con l’emergenza sanitaria che ha richiesto innanzitutto di rendere più agili tutti i processi decisionali. Per farlo, il primo passaggio è stato di tipo culturale e ha riguardato il modo di concepire i rapporti con le autorità regolatorie, decisamente più improntati alla collaborazione e alla condivisione di obiettivi comuni.

Questa premessa è necessaria per capire l’accelerazione di alcuni processi, ma naturalmente da sola non basta. È infatti la ricerca stessa che si è fatta più collaborativa, iniziando a superare quelle naturali distanze che, all’interno di una dinamica concorrenziale, non consentivano una piena condivisione delle informazioni e delle competenze per la realizzazione di un obiettivo comune.

La pandemia ha posto le basi culturali necessarie per mettere a frutto almeno due grandi temi emersi nel dibattito degli ultimi anni: i big data e il “repurposing” farmaceutico. L’accesso ai big data sta cambiando completamente in futuro il modo di fare ricerca. A breve sarà lo strumento principale che ci permetterà di utilizzare il dato clinico per arrivare finalmente a un approccio che metterà al centro le terapie personalizzate, un concetto che fino a poco tempo fa era di fatto più teorico che pratico.

L’esperienza del Covid ha dato un impulso senza precedenti alla raccolta di grandi quantità di dati clinici su una popolazione molto ampia. Da questo punto di vista l’Italia, che dispone di un sistema sanitario basato su un principio universalistico, ha un vantaggio competitivo rispetto ad altri sistemi e può ambire ad acquisire una leadership nella raccolta di dati ben al di là dei confini nazionali.

Per realizzare tutto questo una riflessione strategica e unitaria sull’infrastruttura tecnologica è un prerequisito che potrà determinare il successo o l’insuccesso del nostro sistema di ricerca rispetto alla capacità di cogliere le opportunità cui ho fatto cenno. Il Recovery found è un’occasione unica per recuperare il gap di innovazione grazie a risorse sicuramente maggiori rispetto a quelle di cui il nostro Paese avrebbe potuto disporre in passato. Dovremo essere capaci, come sistema, di concentrare lo sforzo su piattaforme tecnologiche ben definite, coerenti con gli obiettivi che ci daremo evitando di moltiplicarle, disperdendo così competenze e risorse. Questa riflessione è particolarmente importante se pensiamo all’infrastruttura HPC (High Performance Computing) che sarà determinante per la valorizzazione e l’interpretazione dei dati clinici che saranno sempre più disponibili in futuro.

Su questo fronte l’esperienza di Dompé farmaceutici con il progetto Exscalate, la piattaforma trasversale frutto della collaborazione tra pubblico e privato, può essere uno spunto interessante. La tradizionale dicotomia italiana che vede i nostri ricercatori ai primi posti a livello globale per impatto delle proprie pubblicazioni, ma uno scarso trasferimento tecnologico e imprese innovative basate sulla ricerca potrebbe presto essere un ricordo del passato. Ne sono la dimostrazione i recenti progressi sul fronte dei farmaci anti-Covid, individuati in tempi record grazie a intelligenza artificiale e supercalcolo dalla piattaforma Exscalate sviluppata da Dompé farmaceutici.

Con il progetto Exscalate4Cov (E4C) sostenuto dalla Commissione Europea e che vede Dompé farmaceutici capofila di 33 partner pubblici e privati in sette paesi, Exscalate ha già permesso di individuare in meno di 12 mesi le prime molecole per il trattamento farmacologico del Covid e ha lanciato la rete di open-innovation collaborativa Mediate per lo screening rapido di molecole in grado di contrastare il Sars-Cov2 attraverso supercomputing e intelligenza artificiale. La prima molecola individuata è un farmaco generico a basso costo già approvato nell’uomo per il trattamento dell’osteoporosi e ha appena concluso i test in pazienti Covid.

Exscalate, oltre a essere un caso concreto di gestione collaborativa dei dati, è anche uno strumento che permette di sviluppare progetti di repurposing. Il caso del raloxifene, la prima molecola individuata da E4C, è emblematico. La fase 1 del progetto – con uno screening effettuato su 400 mila molecole (farmaci già approvati e prodotti naturali sicuri per l’uomo) e un test specifico per valutare 9000 molecole promettenti – si è conclusa con l’individuazione di una molecola – il raloxifene appunto – oggi oggetto di un progetto di trial clinico di fase III sottoposto ed approvato da AIFA a ottobre 2020 in pazienti paucisintomatici affetti dal virus Sars-CoV-2. Lo studio è stato coordinato dall’IRCCS Lazzaro Spallanzani di Roma e dovrà verificare la sicurezza e l’efficacia del raloxifene nell’inibire la replicazione del virus Sars-Cov-2. Il raloxifene è una molecola registrata e già utilizzata in farmaci in commercio, su prescrizione, per il trattamento e la prevenzione dell’osteoporosi nelle donne dopo la menopausa. Il file del brevetto dell’utilizzo del raloxifene per il trattamento di persone affette da virus Sars-CoV-2 è stato depositato a maggio 2020 da Dompé farmaceutici, Fraunhofer Institute e Università di Lovanio al fine di promuovere l’accesso universale alle cure che ne potranno derivare, così come definito dalle linee guida del consorzio stesso.

Il repurposing è senza dubbio una delle esperienze più promettenti che ci consegna l’esperienza della pandemia. Il suo impiego, supportato dall’analisi dei big data, potrà essere in futuro determinante per rendere sostenibile la ricerca sulle patologie rare e aumentare la nostra capacità di risposta alle emergenze di domani. Le prospettive della ricerca sono senz’altro promettenti e la tecnologia di cui disponiamo oggi potrà supportare il suo sviluppo efficacemente. Un ecosistema efficiente e una strategia comune che metta al centro la collaborazione saranno però determinanti quanto la qualità delle nostre conoscenze.

2. Autore: Marcello Allegretti, Chief Scientific Officer, Dompé farmaceutici SpA

Alla guida delle attività di ricerca e sviluppo di Dompé farmaceutici dal 2009, Marcello Allegretti è anche a capo dei programmi di sviluppo preclinico e clinico dei farmaci. Queste responsabilità abbracciano la gestione dell’intero percorso di sviluppo del farmaco, dall’identificazione dei principi attivi fino ai rapporti con le autorità regolatorie internazionali. Ha al suo attivo più di trenta brevetti internazionali e i suoi lavori sono stati pubblicati in numerose riviste scientifiche internazionali per alcune delle quali presta servizio come Associate Editor. Prima di entrare in Dompé, è stato ricercatore universitario e oggi continua a ricoprire diversi incarichi di insegnamento di livello accademico. Membro dell’American Chemical Society dal 1988 e della Società Chimica, si è laureato in Chimica Medicinale presso la Sapienza di Roma.

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